Vittorio De Sica è un attore italiano, regista, produttore, scrittore, sceneggiatore, musicista, è nato il 7 luglio 1901 a Sora (Italia) ed è morto il 13 novembre 1974 all'età di 73 anni a Neuilly-sur-Seine (Francia).
Nel 1973 ha ricevuto il premio come premio speciale al David di Donatello per il film Una breve vacanza. Dal 1946 al 1973 Vittorio De Sica ha vinto 8 premi: David di Donatello (1956, 1963, 1965, 1973), Nastri d'Argento (1946, 1948, 1949).
La vicenda cinematografica di De Sica si intreccia strettamente con quella dello scrittore e sceneggiatore Cesare Zavattini, con il quale il regista ha firmato dei grandi capolavori. De Sica iniziò la sua carriera cinematografica come attore, divenendo uno dei volti principali della stagione dei La vicenda cinematografica di De Sica si intreccia strettamente con quella dello scrittore e "telefoni bianchi" e della commedia sentimentale. La coppia De Sica-Zavattini si incontra nel 1943 per realizzare I bambini ci guardano, che narra il dramma di un bambino all'interno di una famiglia piccolo-borghese divisa, e che in parte già anticipa alcune tematiche del N. Appena tre anni più tardi, infatti, Sciuscià (1946) ritorna nell'universo infantile ma stavolta il dramma psicologico ha trovato un contesto sociale, l'indagine interiore ha assunto i toni della denuncia civile, la piccola borghesia degli anni fascisti mostra i tratti della disperazione dell'immediato dopoguerra. Attraverso gli occhi di due piccoli lustrascarpe che la miseria e la guerra hanno costretto ad affrontare il problema della sopravvivenza, De Sica entra all'interno di un istituto di pena minorile, per mostrare con realismo e distacco le condizioni disumane in cui vengono tenuti i piccoli inquisiti, e mettere a nudo le dubbie funzioni rieducative di tutta l'istituzione carceraria. Dietro l'epilogo tragico però, inserisce un elemento di speranza. Ladri di biciclette (1948), il maggiore dei film di questa stagione, scendeva talmente a fondo nella denuncia della situazione sociale da sollevare non poche polemiche, soprattutto in ambienti governativi, sull'opportunità di mostrare all'estero l'immagine dei problemi e delle difficoltà italiane. Forse per evitare tali polemiche Miracolo a Milano (1951) adotta uno stile favolistico, pur non rinunciando alla denuncia della povertà e dell'ingiustizia sociale nella città più avanzata d'Italia.
Ma il piglio neorealistico di De Sica e Zavattini tornerà di nuovo e con maggior rigore in Umberto D. (1952). Questo film, infatti, presenta una narrazione elementare, costruita attraverso l'osservazione delle persone nei momenti di vita quotidiana che meglio esprimono la miseria. E attraverso questo procedimento, la coppia riesce a concretizzare la teoria del "pedinamento zavattiniano", che attraverso l'osservazione di persone comuni mirava alla scoperta di una realtà che fosse degna di essere rappresentata, in quanto sintomatica di problematiche generali. Ecco allora un pensionato, con le difficoltà che incontra ogni giorno per cercare di vivere con poche migliaia di lire al mese, e con le umiliazioni che la sua situazione comporta. L'emarginazione e la solitudine in cui egli viene lentamente sospinto sono un dato che colpisce un'intera categoria sociale. Il film raggiunge una essenzialità che in futuro - anche a causa del suo insuccesso economico - De Sica e Zavattini non sapranno più raggiungere.
La loro storia successiva è, per lo più, storia di compromessi: prima con le esigenze di spettacolarità che richiedeva la produzione americana (Stazione Termini, 1953), poi con la riproposizione stanca di contenuti neorealisti in forme incapaci di contenerli (Il tetto, 1956, Il giudizio universale, 1961), infine con il richiamo del successo commerciale (I sequestrati di Altona, 1962, Il boom, 1963, Ieri, oggi, domani, 1963, Matrimonio all'italiana, 1964, Un mondo nuovo, 1965, Caccia alla volpe, 1966, I girasoli, 1970). Le uniche eccezioni, tra loro lontane, sono costituite da due trasposizioni sullo schermo di testi letterari: L'oro di Napoli (1954), dove l'ironia di Giuseppe Marotta serve per disegnare tanti piccoli e vivaci bozzetti che esprimono compiutamente la cultura e la saggezza della città parteneopea, e Il giardino dei Finzi Contini (1970) che è una diligente e sentita, anche se a tratti manierata, rilettura del romanzo di Giorgio Bassani.