«Orchid Lady of the Screen», così veniva chiamata Corinne Griffith quando era considerata una delle stelle più luminose del cinema americano. Una pelle che sembrava essere di seta, un ovale perfetto, occhi rotondi e insolentemente invitanti e quella particolare fascinazione che la rendeva irresistibilmente attraente, Corinne era arrivata di prepotenza, dopo quattro o cinque film d'assaggio, al rango di prima donna assoluta della Vitagraph, scalzando senza complimenti Anita Stewart dal suo trono.
Bisogna anche dire che Corinne lavorava duro e ridacchiava di gusto quando i pubblicitari della Casa le inventarono un'ancestralità esotica: padre nobile d'Irlanda, madre d'origine toscana, scuola al Sacro Cuore e una non lontana parentela con il regista Griffith, il quale, quando ne venne a conoscenza, dichiarò che «Corinne è l'unica bellezza che io abbia mai incontrato tra tutti coloro che si chiamano Griffith»: inoltre non faceva i capricci come molte sue colleghe che cercavano di ottenere il nome sempre più in grande e dopo ogni film che aveva un po' di successo, chiedevano un aumento di paga. Tremila dollari alla settimana era la sua paga nel 1920 e tale rimase fino a quando non lasciò la Vitagraph nel 1923, divorziando anche da Webster Campbell, un attore che era stato spesso suo partner e poi, divenuto regista, l'aveva diretta diverse volte.
Tra i quarantacinque film che Corinne interpretò alla Vitagraph, oggi quasi tutti andati perduti, vanno ricordati alcuni titoli: Transgression (1917), dove l'attrice impersona un'assassina, Miss Ambition (1918), una sartina che riesce a farsi sposare da un riccone, The Garter Girl (1920), da un racconto di O. Henri, e Received Payment (1922) dove si esibisce in uno sfrenato charleston (vi è anche una curiosità: Kenneth Harlan, il suo partner, nel film si chiama Cary Grant!).
Fuori dalla linea di produzione ormai obsoleta della Vitagraph, l'astro della Griffith ebbe un nuovo balenio: Lilies of the Field (1924), Black Oxen (1924), Declassée (1925), girati alla First National, dimostrano ampiamente come Corinne non fosse solo una donna di una bellezza sfolgorante ma anche un'attrice che aveva maturato un livello di professionalità considerevole, che le consentiva di affrontare ruoli drammatici, come in Infatuation (1925), da un racconto di W. Somerset Maugham, oppure brillanti come Classified (1925) o Syncopating Sue (1926).
Divenuta produttrice di se stessa, Corinne portò sullo schermo due collaudate commedie tedesche, Die Frau im Hermelin e Der Garten von Eden, quest'ultima diretta da Lewis Milestone con un brio alla Lubitsch. Ma l'interpretazione più appassionata che Corinne ci ha lasciato è quella di Lady Hamilton in The Divine Lady (1929) di Frank Lloyd,- che ebbe l'Oscar per la regia. Un film girato in maniera eccellente, egregiamente interpretato da Corinne e i suoi partners, ma respinto dal pubblico perché ancora muto nel momento in cui gli spettatori erano avidi di film sonori.
Ancora qualche film, come un remake di Lilies of the Field (1930) e Lily Christine (1932), girato in Inghilterra, poi Corinne si ritirò dal cinema; si sposò altre due o tre volte, l'ultima con il re delle lavanderie automatiche.

Da Le dive del silenzio, Le Mani, Genova, 2001.