La Berlinale lo ha eletto una delle stelle nascenti del cinema europeo assieme alla nostra Matilda De Angelis. Il critico cinematografico britannico Jason Solomons, sensibile alla mancanza di attori emergenti nel Vecchio Mondo, lo ha definito "la chiave per il futuro della settima arte".
Un giovane talento tedesco, quello di Franz Rogowski, che ha l'opportunità di crearsi un percorso unico nella scena internazionale. E lo sta facendo titolo dopo titolo. Impressionante, per esempio, la sua performance in La donna dello scrittore (2018) nel ruolo di Georg, un uomo che, nella confusione di una fuga politica, si impadronisce di un famoso manoscritto.
Alcuni scrivono che potrebbe essere il nostro Joaquin Phoenix, ma ancora più inquietante. Lui ammette di sentirsi più come un asino. Sì, un asino. Perchè dopo aver vinto questo prestigioso premio europeo, Rogowski sente che sta guidando il carro della sua vita. "Non ho un mentore o un momento preferito della mia vita. Penso sia stato un viaggio e sto costantemente imparando cose e sono grato per questo", ha dichiarato. "Non ho mai pensato di voler diventare un attore", ha poi aggiunto. "Pensavo di trovare qualcosa che fosse diverso da ciò che avevo fatto al liceo. Stare seduto in silenzio, imparare tutta quella matematica e fisica... [...] Le mie materie preferite erano etica e ginnastica e recitare è una buona combinazione di queste cose".
Figlio di un pediatra e di un'ostetrica, Franz Rogowski nasce con il labbro leporino. Un successivo intervento chirurgico rimedierà a questa malformazione fisica, che però è ancora visibile per via di una cicatrice sul labbro superiore e per lievissimi difetti di pronuncia nella recitazione.
Cresciuto nella Tubinga, appartiene a una nota famiglia benestante tedesca. Suo nonno materno è, infatti, Michael Rogowski, ex presidente della Bundesverband der Deutschen Industrie. Malgrado questo, non rinuncia ai lavori più umili come il corriere, pur di guadagnare qualcosa indipendentemente dalla ricchezze familiari e pagarsi i corsi di danza, disciplina che lui ama moltissimo e che lo spingerà, nel 2007, a calcare le scene del teatro underground con spettacoli come "Almoust" e "Almoust you". Da lì a palcoscenici più canonici, il salto è veramente breve. Si esibisce al Thalia Theater di Amburgo, allo Schauspiel Hannover e allo Schaubühne di Berlino. Da ballerino passa a coreografo e da quello alla recitazione.
Sarà proprio dopo una di queste esibizioni che conosce il regista berlinese Jakob Lass che, impressionato dalla passione di Rogowski, gli propone di partecipare a un suo film. Rogowski debutta così in Frontalwatte (2011) e il sodalizio artistico con Lass è talmente forte che verrà richiamato sul set per Love Steaks (2013) e Tiger Girl (2017). Titoli che segnano definitivamente il suo passaggio davanti alla cinepresa. Ma non solo Lass nella sua filmografia. Rogowski riesce a farsi apprezzare anche da altri registi come Sebastian Schipper nel suo Victoria (2015) e il premio Oscar Michael Haneke lo sceglie per interpretare Pierre Laurent, figlio del personaggio interpretato da Isabelle Huppert in Happy End . Un buon risultato, se si tiene conto che siamo di fronte a un attore autodidatta, del tutto a digiuno sulle scuole di recitazione e che, nonostante questo, è diventato un membro permanente della compagnia del Münchner Kammerspiele, trovando enormi applausi nella trasposizione teatrale di Rocco e i suoi fratelli .
Ma è il 2018 a portargli più fortuna. Dopo essere apparso nel drammatico Lux: Krieger des Lichts di Daniel Wild, diventa il vincitore di un German Film Award come il miglior attore protagonista grazie al film In den Gängen di Thomas Stuber, poi viene scelto da Christian Petzold per La donna dello scrittore , cui seguirà anche la pellicola Freaks Out (2018). Infine, l'ambito riconoscimento europeo che lo pone sotto l'attenzione internazionale.
Spesso attivo nel cinema italiano, nel 2023 è protagonista del film di Giacomo Abbruzzese Disco Boy, presentato alla Berlinale e di quello di Giorgio Diritti Lubo (in concorso all'ottantesima Mostra del Cinema di Venezia), ma anche del film di Ira Sachs Passages.